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venerdì 25 aprile 2014

Catenaccio poliziesco

Sabato 12 aprile a Roma si manifestava per il diritto alla casa, non un diritto da poco.
Un tetto è fondamentale per costruire felicità, per allevare dei figli.
Il nucleo familiare è l'essenza in piccolo di uno stato.
Faccio questa premessa perché quando si parla delle manifestazioni e poi dell'inevitabile scontro che succede si evita sempre, spesso volontariamente, di chiarire il perché una tal manifestazione si stava svolgendo, facendo passare sempre i manifestanti come un'orda di barbari assetata di sangue e i poliziotti come l'ultimo baluardo a difesa, difesa poi di cosa ancora ce lo devono spiegare.
Forse difesa da noi stessi.

Chi manifesta per il diritto alla casa non è un facinoroso, manifesta per un sacrosanto diritto, si batte per qualcosa di fondamentale per l'uomo.
Detto questo, bisognerebbe chiarire una volta per tutte che le forze dell'ordine in piazza dovrebbero difendere l'incolumità di tutti i cittadini ma, e questo che sto per dire a loro e ai loro capi pare non tornare, anche i manifestanti sono cittadini.
Quindi non si tratta di due eserciti che si scontrano, non è una battaglia campale.
Dico questo perché leggendo le parole del Prefetto di Roma Pecoraro sembra il contrario.
Il sopracitato afferma che lui trova impensabile che un poliziotto possa aver apostrofato i manifestanti con epiteti quali “merda”.
Precise parole, “Io che dei poliziotti abbiano detto a chi manifestava gente di merda non ci credo”.
Il problema, Pecoraro, è che noi ci crediamo e nelle logiche democratiche, ammesso che sia una parola ancora utilizzabile, NOI siamo lo Stato e voi siete quelli che devono rappresentarci e difenderci.
Comunque a noi cittadini comuni va anche fin troppo bene finché un poliziotto ci interpella definendoci “gente di merda” perché, senza voler riesumare avvenimenti ormai troppo lontani, alla scuola Diaz a Genova è successo ben altro, a Federico Aldrovandi è successo ben altro ( non si rompono manganelli sulla schiena di un ragazzo se non si crede di avere un patentino di impunità ) e la lista la chiudo qui.
Definire “un successo” il pestaggio e il calpestamento di gente inerme è quanto meno opinabile e non me ne voglia ( sempre Pecoraro ) ma usare come alibi a difesa di scene di insensata violenza il fatto che un poliziotto guadagna solo 1.200 euro mensili crea un pericoloso precedente perché allora tutti quei lavoratori, dato il periodo di recessione economica non sono pochi, che vengono licenziati o si vedono decurtare stipendi, non sempre per giuste cause, guadagnando anche meno dei sopracitati 1.200 euro mensili saranno autorizzati o quantomeno compresi se daranno in escandescenza e faranno volare qualche “ceffone” a quei manager che con politiche poco lungimiranti hanno fatto fallire aziende e credono che la delocalizzazione sia l'unica risposta.
Alla fine di tutto vi dico continuate pure a darci delle merde, De Andrè ci ha insegnato che dal letame nascono i fiori.

Giulio Mignini



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