Cantona nella famosa "mossa kung-fu" su un tifoso del Crystal Palace: gli costerà 9 mesi di squalifica. |
Nel dolcissimo dialogo che ne esce si
dibatte su quale sia stato il momento più bello per il giocatore,
per lui, per Eric.
Non un gol dei 64 confezionati con la
maglia dei Red Devils ma un passaggio, un assist.
Un tocco di esterno dal limite
dell'area, difesa impreparata che rientra per mettere tutti in
fuorigioco e Denis Irwin che con un bel diagonale batte l'estremo
difensore avversario.
Nel film Loach gli fa dire che quel
tocco sublime e fatato è stato un dono per le divinità del calcio,
visione quanto mai romantica.
Credo che il dono però fosse fatto
anche a noi.
Cristiano Ronaldo e Messi, primo e
secondo nella classifica del pallone d'oro, non fanno niente per noi. Voi non patite e non ci suscitate passione, se per pathos intendiamo
tutto quello che significava nel mondo greco.
La
parte irrazionale, mistica che impedisce all'uomo di innalzarsi al
livello divino contrapposta al logos.
Io ho amato Recoba, El Chino, e
le sue reti impossibili.
Bolidi rabbiosi e
soavi, riottosi verso le leggi della fisica.
Tornato ormai nella
sua terra natia a deliziare con dolci parabole il suo popolo.
Amo
George Best, il quinto beatle, che
ha irriso ogni possibile avversario senza ricordarsi che la vita
prima o poi il conto te lo presenta sempre.
É stato salato e
lui l'ha pagato per la nostra felicità.
Una frase a lui
attribuita rende bene il senso di perenne scherzo e burla che
albergava nella sua vita screziata da una romantica tristezza.
“Io sono l'uomo del peccato, il
paradiso non fa per me”.
Nel paradiso
pallonaro siede insieme ai grandi.
Adoro Ricardo
Bochini, El Bocha, funambolo argentino degli anni'70.
George Best in una macchina sportiva nel 1965 |
Esteticamente un
postino anni'50, tarchiato, poco muscoloso e anche spelacchiato.
Non me ne vogliano
i postini.
Il suo fisico era
una bugia.
Il perfetto
prototipo del numero 10 argentino.
Non amava correre, non amava segnare ed era dotato di una classe sublime.
Non amava correre, non amava segnare ed era dotato di una classe sublime.
A lui hanno
dedicato canzoni e poesie.
I suoi discorsi
sono da antologia.
Una volta tornato
negli spogliatoi all'intervallo di una partita in cui i suoi compagni
avevano sbagliato l'impossibile li apostrofò ricordando loro,
“ragazzi, se va avanti così mi toccherà fare goal. Vogliamo
arrivare a tanto?”.
Difronte alla
richiesta di cosa ne pensasse di quel giovane olandese chiamato
Cruijff replicò stupito, “Corre molto, però è bravo”.
Partecipò
all'edizione mondiale del 1986 ma non da protagonista, quando esordì
in quella competizione Maradona gli si fece incontro nel terreno di
gioco omaggiandolo con un “Benvenuto Maestro”.
Di difensori ce ne
sarebbero tanti da ricordare per il loro esser riusciti a creare
empatia con noi umili seguaci.
Uno più di altri
rappresenta tutto questo, Paolo Iglesias Montero.
Difensore uruguagio
di Atalanta prima e Juventus poi.
Per descrivere
l'uomo basta citare le parole di Carlo Ancelotti, suo allenatore alla
Vecchia Signora.
Paolo Montero con la maglia della Nazionale Uruguaiana |
Come si fa a non
immedesimarsi in un uomo descritto così.
Montero, venendo
dall'Uruguay, fa parte di quella scuola calcistica che prevede che il
difensore centrale anche se dotato di una buona tecnica debba
comunque picchiare in campo.
Per principio e per
fede.
C'erano storie
bizzarre, pazzie da raccontare.
Poca omologazione.
Ora sono super-star
robotiche.
La caduta degli dèi
non avviene praticamente mai.
Sembrano non avere
le debolezze di noi poveri diavoli e questo li allontana da chi
dovrebbero far sognare.
Leggendo l'Iliade
tutti i romantici del pallone e della vita avranno sicuramente
parteggiato per Ettore, forte e debole, dolce e duro.
Umano, per quanto
eroe.
Non superiore
all'esistenza.
Nessuno
inizialmente avrà visto di buon occhio Achille, troppo perfetto,
immortale.
Bizzoso perché
conscio della sua superiorità.
Lo abbiamo
perdonato solo alla fine, quando un principetto uccidendolo ci ha
mostrato il suo essere fallibile.
Perché la vittoria
del favorito, favorito dalla vita, dal potere piace meno.
Ad essere onesti a
me per niente.
Giulio Mignini
Giulio Mignini
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