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mercoledì 7 gennaio 2015

L'Andito - 7 Gennaio 2015

"Non è l'angolo retto che mi attira. Neppure la linea retta, dura, inflessibile, creata dall'uomo. Quello che mi attira è la linea curva, libera e sensuale. La linea curva che ritrovo nelle montagne del mio paese, nel corso sinuoso dei suoi fiumi, nelle nuvole del cielo, nel corpo della donna amata. L'universo intero è fatto di curve."
Oscar Niemeyer






In principio dunque era il trilite, poi l’arco: ed ecco che compare per la prima volta una linea curva in architettura (seppur per motivi puramente strutturali). Successivamente si scoprono le volte, le cupole, poi grazie alla tecnologia e all’avvento del calcestruzzo armato siamo ritornati a vedere nella maggior parte dei casi strutture composte principalmente da linee rette (ultimamente con coperture orizzontali in aggetto che sfidano le leggi della statica). Come mai ci piacciano cosi tanto le linee rette e come mai però rimaniamo affascinati dalle linee curve in architettura,  anche se vengono usate cosi poco,  credo sia un argomento di discussione molto interessante. Ragionando da architetti il gioco è semplice: la curva è molto più difficile da padroneggiare a livello compositivo, ed è più facile peccare nelle proporzioni degli ambienti, la retta è sicuramente più semplice ed efficace (ricordiamoci che gli edifici oltre che essere soddisfacenti a livello estetico devono soprattutto essere funzionali) e la maggior parte della popolazione preferisce vivere, lavorare e svolgere tutte le attività all’interno di ambienti “ad angolo retto”. Ma è solo per questo? Credo che andando oltre si possa ipotizzare un bisogno quasi ancestrale dell’uomo nell’utilizzo della linea retta. Quasi tutti i ritrovamenti partendo dalle civiltà più antiche infatti hanno una matrice comune: gli edifici hanno un impianto definito da angoli retti. Anche le strade che ritroviamo all’interno delle città sono quasi sempre linee rette  (lo schema urbanistico viene spesso chiamato "Ippodameo" perché tradizionalmente la sua invenzione viene attribuita a Ippodamo di Mileto, ma quasi sicuramente egli si è limitato a riprendere un metodo già applicato in precedenza). Proseguendo con gli esempi anche la centuriazione romana non è altro che un susseguirsi di linee rette, quasi a voler rendere più “ergonomico” il paesaggio naturale. Ed è qui che volevo arrivare: la linea retta “creata dall’uomo” si contrappone alla linea curva “creata dalla natura”: esse sono antitetiche e proprio in questa continua contrapposizione trovano la loro ragione d’esistere (d’altronde  l’essere umano si oppone ad essa fin dall’alba dei tempi). La retta è preferita perchè si fa espressione dell’ordine dell’uomo sul caos e sulla mutevolezza dell’ambiente rappresentato dalla curva; è naturale che l’individuo si senta più al sicuro vivendo  delimitato da rette, poichè esse dominano la natura, la piegano al suo volere e alla sua utilità (o almeno questo è quello che egli pensa) e lo mettono inconsciamente al riparo dall’incertezza. Non ne possiamo proprio fare a meno: eccezion fatta per qualche caso (ma per lo più si tratta quasi sempre di tipologie edilizie nelle quali non bisogna sostare a lungo quali biblioteche, musei, teatri, stazioni, centri commerciali e polifunzionali) essere immersi in ambienti “troppo curvilinei” ci mette a disagio. Però questi ci affascinano a livello inconscio, spesso quindi l’utilizzo sapiente di linee curve può decretare la fortuna di alcune di queste strutture proprio per la loro particolarità. La storia dell’architettura inoltre dal Rinascimento in poi è piena di esempi di correnti che per rompere col passato o semplicemente per voler innovare hanno proposto continuamente con cadenza ciclica l’alternanza di questi due stili (qui forse è lecito pensare che l’ordine venga visto come un imposizione e il caos come libera espressione di pensiero). Tuttavia vi è una contraddizione intrinseca a tutto ciò: se ci guardiamo allo specchio non vediamo un insieme di linee ed angoli retti, se dobbiamo ritrarre qualcuno non utilizziamo un righello o una squadra. Sembra quindi che l’uomo, che per propria utilità (o per propria limitatezza) è sempre stato portato ad antropomorfizzare dei, demoni, ma anche semplicemente animali (la letteratura e l’arte ne sono piene), per quanto concerne l’architettura abbia deciso di fare l’esatto opposto.

Niccolò Bargagli

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