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venerdì 18 luglio 2014

Il Golia israeliano ha scelto un Davide senza fionda

Alle ore 9 del 17 Luglio è iniziata nella striscia di Gaza una “tregua umanitaria” di 5 ore richiesta dall'ONU e accettata sia da Israele che da Hamas. La tregua serviva per rifornire la popolazione di alimenti e medicine. E' stata violata da ambo le parti.
Poi che succederà? Probabilmente la guerra continuerà. Israele, giusto prima di aderire alla tregua umanitaria, ha richiamato ben 8,000 riservisti, che fanno salire il numero totale di militari della riserva arruolati nel conflitto a 48,000 (fonte: ANSA.it).
Questa nuova offensiva israeliana a Gaza affonda le sue radici nei fatti di Giugno.

L'operazione “scudo difensivo 2” è stata auspicata dal ministero degli esteri nell'ambito dei funerali ai tre ragazzi israeliani uccisi, del cui rapimento e assassinio si pensa sia responsabile Hamas. Nessuna certezza comunque, anzi. Khaled Meshaal, capo dell'ufficio politico dell'organizzazione islamico-palestinese, sostiene che i suoi uomini non abbiano niente a che fare con la faccenda.
In una riunione straordinaria del gabinetto di governo israeliano convocata da Netanyahu prima dei funerali si sono discusse varie ipotesi, dalla moderata continuazione delle “operazioni contro le strutture di Hamas in Cisgiordania e di ricerca dei rapitori” avanzata dallo Stato Maggiore fino ad un azione su larga scala nella striscia di Gaza avanzata da Naftali Bennett del movimento dei coloni. Costui è stato criticato per la pericolosità delle sue idee dal Ministro della Difesa Yaalon (fonte: Haaretz). Nel frattempo, per ritorsione viene rapito ed ucciso un ragazzo palestinese, e alle antecedenti minacce del Ministro degli esteri israeliano fanno coro quelle di Hamas: “Israele pagherà”. Intanto, nell'ambito delle ricerche dei presunti assassini dei tre ragazzi, le forze di sicurezza israeliane hanno arrestato 42 palestinesi, tutti membri di Hamas, senza che fra questi vi siano i due sospettati del crimine. Era il 2 Luglio.
Poi la guerra.
L'operazione è chiamata “Confine protettivo”.
Dopo due giorni di raid aerei israeliani, il 7 luglio a Gaza si contano 80 morti e 550 feriti, mentre Hamas risponde con 350 razzi verso i cieli israeliani; non sono registrate vittime, in quanto i razzi sono intercettati dal sistema difensivo Iron Drome per un buon 90% (fonte: ANSA.it). Poi, come detto, l'arruolamento dalle riserve, in vista di una “probabilissima” operazione di terra che prevederà l'occupazione completa della Striscia di Gaza. Spuntano dichiarazioni da fonti di sicurezza israeliane a giornalisti stranieri: “Se vuoi combattere il terrorismo devi essere sul posto. Dal cielo possiamo colpirli duramente ma non sbarazzarci di loro. L'occupazione è fattibile in giorni o settimane al massimo”. Ad oggi, il bilancio è di 230 vittime e 1685 feriti a Gaza, mentre una sola è la vittima: un volontario che si trovava al confine con Gaza per distribuire cibo ai soldati israeliani.
Uno. Volontario. Sul confine.
A Gaza le vittime sono quasi tutte civili. Di qualche giorno fa è la notizia che Israele, 2 minuti prima di effettuare un raid avverta gli abitanti degli edifici, invitandoli ad abbandonare la propria casa, perché verrà bombardata e distrutta. Il segretario generale dell'ONU, Ban Ki Moon, si è limitato a dichiarare che "l'eccessivo uso della forza da parte di Israele sia intollerabile".
Il disequilibrio nella bilancia delle vittime non è una novità. Nel 2008 secondo i dati di B'Tselem, il centro di informazioni israeliano per i diritti umani nei territori occupati registra 868 palestinesi uccisi dalle forze di difesa israeliane a Gaza, contro i 22 decessi di israeliani per mano di palestinesi.
La morte è di per sé un fatto tragico, e in contesti di odio razziale ancor più terribile. Non ne voglio quindi fare una questione di numeri. E' certo che in questi anni va in scena una “guerra” fra uno stato che non è uno stato (Israele non vuole neanche riconoscere alla Palestina lo status di nazione) ed uno degli stati più ricchi al mondo, sostenuti politicamente e militarmente dagli USA, che occupano in violazione del diritto internazionale un territorio che non gli appartiene. Un territorio colonizzato avidamente, senza condividere nulla con i precedenti, e legittimi, abitanti. I coloni israeliani diventano così “teste di ponte” e al tempo stesso esche per le vendette palestinesi. Ad ogni attacco dei combattenti di Hamas alle colonie, Israele ha un motivo in più per legittimare agli occhi del mondo quella che, secondo il linguista, filosofo e teorico della comunicazione Noam Chomsky è “la fase finale della campagna decennale di pulizia etnica dei palestinesi. […] Questa non è una guerra, è un omicidio”.

Pulizia etnica, politica espansionistica o odio religioso poco importa: il Golia israeliano ha scelto un Davide senza fionda, ed intende piegarlo al suo volere o schiacciarlo definitivamente.

Andrea Pecoraro

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