Quando Pelè lo defì uno dei più
forti calciatori brasiliani di tutti i tempi Scorates si smarcò
subito affermando che a lui più che avere la conferma di essere
stato un campione del futbol interessava
essere cosciente di avere condotto una vita da uomo democratico, anzi
da brasiliano democratico.
In
Brasile i fuoriclasse vengono definiti craque, che
per suono credo dia maggiormente il significato di rottura che creano
nei confronti della norma che li circonda rispetto a termini quali
fenomeno, campione e tanti altri.
I
craque di norma la
rottura la creano sui campi da gioco, divertendosi e facendo sognare
e gioire milioni di persone, il che non è cosa di poco conto.
Socrates no, non si
fermava solo a questo.
Era un uomo prima
di essere un calciatore e da uomo portò avanti la sua carriera
sportiva.
Tra i
fondatori della Democracia Corinthiana insieme
al nuovo presidente del club Waldemar Pires e al sociologo, che fu
scelto come direttore tecnico, Adilson Monteiro Alves.
Il tutto si basava
su qualcosa di straordinariamente semplice, ogni scelta che la
società doveva affrontare veniva votata, dall'alimentazione degli
atleti all'orario delle partenze in vista delle partite-passando per
cessioni ed aquisti di eventuali giocatori, alla votazione
partecipavano tutti, dal magazziniere al presidente fino ai giocatori
ed ogni voto valeva come quello degli altri.
Per inciso e da non
sottovalutare per capire la reale portata dell'evento in quegli anni
in Brasile c'era ancora la dittatura anche se ormai il bisogno di
democrazia, qui nella sua accezione più alta, pervadeva vasti strati
della popolazione e al Corinthias si ritrovarono uomini pervasi da
questa ricerca di libertà.
Il
nome completo del nostro uomo era Brasileiro Sampaio Souza Vieira de
Oliveira in arte Socrates, ma
anche Magrão
(per costituzione),
o
Doutor (per gli studi intrapresi)
e
infine O
calcanhar que a bola pediu a Deus (per innate doti ).
Quest'ultimo
il soprannome più romantico, più dolce.
Il
tacco che la palla chiese a Dio, sono
questi gli aspetti che travalicano la realtà dell'esistenze
facendoci scordare che il mondo del pallone è inquinato da mille
storture, stipendi faraoinici, magagne più o meno mal celate e tutto
il resto e lo rendono alle persone che dietro a quella sfera di cuoio
hanno fantasticato, sudato, sperato e sofferto.
Tornando
al nostro uomo, basta averlo visto giocare, dal vivo o in video, per
dire che è stato un grande interprete dell'arte pedatoria, elegante
nei movimenti spesso utilizzava il colpo di tacco per passare la
palla ad un proprio compagno.
Disse
ad un giornalista durante un'intervista che utilizzava il tacco a
causa della sua altezza, 1,92 m, proprio perchè essendo così alto
sarebbe stato lento nel girarsi e questo avrebbe permesso agli
avversari di anticiparlo.
Dubito
che la vera motivazione fosse questa è più probabile che lo facesse
per il semplice fatto di essere brasiliano, loro il calcio lo
interpretano così, come una danza, un bisogno di movimento che
sembra nascere dalle viscere.
Il
contrasto con il calcio europeo sta proprio qui, in europa il
risultato viene prima del bel gioco e questa mentalità viene
inculcata negli aspiranti calciatori fin da piccoli, in Brasile, dove
gli aspiranti calciatori apprendono la “sacra arte del tirar calcio
ad un pallone” tra le lamiere di una favela, il calcio è un modo,
forse il più semplice, per uscire dalla povertà e dall'anonimato e
un calciatore brasiliano questa lezione se la porterà dietro per
tutta la sua vita agonistica.
Loro
si divertono e credono che questa sia l'unica via poi a volte
piombano nella disperazione più assoluta quando le divinità non si
ricordano che loro sono i più bravi e mettono lo zampino nelle
vittorie altrui.
Socrates
fece parte di una Seleção
bellissima esteticamente e amata al pari di quella invincibile
del 1970, nella Spagna del 1982 si vide un gioco fatti più di balli
e movenze caraibiche che di geometrie e raddoppi di marcature e anche
se il cammino di quella squadra fu interrotto da un'Italia vincente e
molto europea resterà sempre tra le formazioni simbolo di un gioco
che forse non rivedremo mai più.
Un
saluto a te Dottore che hai provato a rendere questo sport un
po' più responsabile o forse sei solo stato Uomo in un ambiente dove
al massimo c'è ostentazione di machismo.
Già pubblicato su "Il Becco".
Già pubblicato su "Il Becco".
Giulio Achille Mignini
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