Da tormentone di inizio
anno a legge tenuta “a decantare” nei cassetti del Parlamento.
L'Italicum, ovvero la
proposta di legge elettorale che Matteo Renzi ha formulato di comune
accordo con Silvio Berlusconi nel famoso incontro al Nazareno del 18
Gennaio, sta vivendo una fase di stand by.
Approvata alla Camera il 12 Marzo, la legge si è arenata al Senato.
Andiamo ora ad analizzare nello specifico la nuova legge che con
tutta probabilità diventerà ufficialmente la legge elettorale
italiana per i prossimi anni ricordandoci però che ogni legge
elettorale ha un obiettivo specifico.
Non esiste una legge elettorale perfetta; ogni legge propenderà più per la proporzionalità o la stabilità, per il pluralismo o per il bipolarismo. La proporzionalità, che ha molte probabilità di dare vita ad un parlamento plurale ma a rischio frammentazione, si ottiene con un sistema che ad un numero di voti ottenuti fa corrispondere un numero di seggi in parlamento. La stabilità, che nei canoni democratici moderni si identifica con un bipolarismo con forte probabilità di alternanza, si facilita con strumenti come i collegi uninominali, il premio di maggioranza e le soglie di sbarramento.
Non esiste una legge elettorale perfetta; ogni legge propenderà più per la proporzionalità o la stabilità, per il pluralismo o per il bipolarismo. La proporzionalità, che ha molte probabilità di dare vita ad un parlamento plurale ma a rischio frammentazione, si ottiene con un sistema che ad un numero di voti ottenuti fa corrispondere un numero di seggi in parlamento. La stabilità, che nei canoni democratici moderni si identifica con un bipolarismo con forte probabilità di alternanza, si facilita con strumenti come i collegi uninominali, il premio di maggioranza e le soglie di sbarramento.
Alla
luce di questo, è lecito domandarsi quali siano le logiche e gli
obiettivi che stanno dietro al nuovo Italicum.
Iniziando
dalle basi, le caratteristiche di una legge elettorale sono le
circoscrizioni, la cui grandezza è un dettaglio che può influenzare
molto l'esito delle votazioni, il metodo di ripartizione dei voti,
che cambia dipendentemente dal diverso tipo di algoritmo che si
utilizza, ed eventuali elementi “correttivi” come soglie di
sbarramento, premi di maggioranza, doppi turni eccetera.
Nell'Italicum
le circoscrizioni saranno meno rispetto alla precedente legge
Calderoli, con circa 120 collegi plurinominali (circa uno ogni
500mila abitanti) dove verranno eletti da un minimo di 3 Deputati ad
un massimo di 6 tramite liste bloccate. Solitamente, più i collegi
delle singole circoscrizioni sono grandi, ovvero assegnano un numero
più alto di seggi, più i piccoli partiti avranno la possibilità di
conquistarne qualcuno. Questa è una valutazione generale; in realtà
non esiste una correlazione lineare fra numero di seggi assegnati dal
collegio e numero di seggi conquistati, ad esempio, dal terzo o dal
quarto partito più votato del collegio. Anzi, è matematicamente
dimostrato che in alcuni casi, dipendentemente dall'algoritmo di
distribuzione dei seggi utilizzato, aumentare il numero dei seggi
assegnati nel collegio può favorire i partiti più grandi: ne è
esempio il cosiddetto “paradosso dell'Alabama”.
Questo
sta a sottolineare che, nell'architettura elettorale, niente è
scontato, semplice e talvolta nemmeno prevedibile. Sicuramente più
l'algoritmo è semplice, ovvero meno passaggi matematici si
utilizzano, più si può prevederne l'effetto sulla distribuzione dei
seggi. Il metodo di
ripartizione dei voti previsto dell'Italicum
è proporzionale, ma con un algoritmo molto elaborato già denominato
“flipper” per la
sua aleatorietà, data dalla complessità e dal numero dei passaggi
matematici previsto. Assicuro che non è immediato capire come i
seggi siano ripartiti fra le varie liste, poiché vi sono vari
passaggi e molte approssimazioni matematiche nell'algoritmo presente
nel testo di legge. Per brevità e pietà del lettore, mi limito a
riassumere che vi è un primo calcolo di conversione voti-seggi a
livello nazionale ed un secondo a livello circoscrizionale; è
previsto che vi siano incongruenze nei risultati ovvero che sommando
i tutti seggi assegnati circoscrizionalmente alcune liste ottengano
più seggi di quanto stabilito dal calcolo fatto a livello nazionale.
I seggi “eccedenti” vengono quindi redistribuiti alle liste in
base ad un “lista nazionale residuale” calcolata per ogni
circoscrizione, e tramite un altro paio di passaggi matematici si
arriva a capire in quale collegio le liste “deficitarie”
otterranno i seggi frutto della redistribuzione. Come si può
evincere, il meccanismo è complicato e non garantisce che le liste
beneficiarie della redistribuzione conquistino il seggio nel collegi
dove hanno preso più voti. Anzi, stando alle prime simulazioni il
risultato sarebbe contrario: le liste vedrebbero assegnato un seggio
di recupero in collegi dove avrebbero preso pochi voti. Da questa
aleatorietà della redistribuzione il soprannome “flipper” di cui
sopra. In pratica, gli effetti del meccanismo di assegnazione dei
seggi sono imprevedibili; non si può sapere se siano a vantaggio dei
partiti grandi, medi o piccoli. Probabilmente, non sono a vantaggio
di nessuno, mentre sicuramente vanno a svantaggio degli elettori, che
ancora una volta si trovano di fronte ad un meccanismo
incomprensibile.
Detto
questo, l'Italicum si
distingue per altre tre norme: le soglie di sbarramento, il premio di
maggioranza ed il doppio turno. Le soglie di sbarramento sono molto
intuitive: per avere accesso al riparto dei seggi, una coalizione
deve aver raggiunto almeno il 12% dei voti validi ed al suo interno
deve avere almeno una lista che ha ottenuto non meno del 4,5% a
livello nazionale o una lista rappresentate di una minoranza
linguistica (per esempio il Ladino) che abbia ottenuto almeno il 20%
dei voti validi nella regione in cui si è presentata. Questo per
evitare che vi siano maxi–coalizioni di micropartiti: l'esempio più
semplice è immaginare una coalizione di dodici formazioni con l'1%
dei voti ciascuna. Tale coalizione risulterebbe esclusa dal riparto
dei seggi. Per le liste che si presentano sole invece la soglia si
alza all'8%, mentre per le formazioni a tutela linguistica la soglia
rimane il 20% della regione in cui si presenta. La logica di queste
scelte è molto semplice: costringere i partiti sotto l'8% ad entrare
in coalizione con i partiti più grandi, proprio nell'ottica di
creare un bipolarismo ed evitare un'eccessiva frammentazione del
Parlamento. Queste soglie sembrano essere funzionali allo scopo; di
tutt'altra natura è il quesito sull'opportunità di introdurre
soglie così alte. L'8% dei voti validi sono, stando alle cifre delle
elezioni del Febbraio 2013, più di
2.820.000
voti. Sembra eccessivo, in nome del bipolarismo, escludere dalla
rappresentanza parlamentare un così vasto numero di elettori che,
per motivi propri, non vogliono allinearsi con nessuno dei maggiori
poli. Il multipartitismo della Prima Repubblica non è sicuramente
auspicabile, ma probabilmente nemmeno il “bipolarismo forzato” lo
è, in quanto si è già visto negli ultimi decenni come coalizioni
troppo grandi e disomogenee non abbiano poi la forza “politica”
di governare stabilmente un paese.
Nell'ottica di assicurare stabilità al futuro governo è stato
introdotto un premio di maggioranza, da assegnarsi alla lista o
coalizione che risulti la più votata e che raggiunga almeno il 37%
dei voti validi. In questo caso, il partito o coalizione in questione
riceverà esattamente 340 seggi su 617 (pari al 55% dei seggi
totali), mentre i restanti 277 verranno distribuiti proporzionalmente
con il meccanismo di cui sopra. Nel caso in cui nessuno raggiunga il
37%, è previsto un secondo turno elettorale al quale parteciperanno
solo le due formazioni più votate: infatti, e per fortuna, sono
vietati apparentamenti fra liste post primo turno. Per chi vince
questo secondo turno è previsto un premio di maggioranza “ridotto”,
ovvero pari a 327 seggi invece di 340, pari al 53% degli scranni
parlamentari.
Se la logica del premio di maggioranza è quella di assicurare la
stabilità ed aumentare la forza politica del governo, non è chiaro
perché nel caso di una vittoria al ballottaggio si debbano ricevere
meno seggi. Il premio di maggioranza è uno strumento che di per sé
crea una disproporzionalità fra seggi assegnati e voti ricevuti;
quindi mitigare il premio assegnato al ballottaggio con 13 seggi in
meno non ha molta logica, poiché non rende il sistema
sostanzialmente più proporzionale ma rende il governo politicamente
più debole. É come se si volesse cercare di dare equità ad una
legge elettorale che equa non è: abbinare infatti le forti
limitazioni per accedere al riparto dei seggi di cui sopra con un
premio di maggioranza crea ovviamente un grosso deficit di
proporzionalità. A questo punto, probabilmente, sarebbe stato più
saggio assegnare un premio di maggioranza un pochino più cospicuo
abbassando le soglie di sbarramento: non sarebbe stato comunque un
sistema equo, ma avrebbe garantito la stabilità del governo e la
pluralità del parlamento. Pluralità di idee, di valori, e anche
semplicemente di punti di vista che non solo la politica, ma anche la
società italiana, sta irrimediabilmente perdendo.
Andrea Pecoraro
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