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mercoledì 26 novembre 2014

Avvenimenti secondari

Non è successo niente!!!
Avvenimenti secondari.
Sberleffi dei numeri che si ostinano a non voler tornare, si sa la matematica non è un'opinione.
Per chi crede nel metodo renziano della disintermediazione tutto apposto.
Il PD è l'Arthur Wellesley della politica italiana, Arthur era meglio noto come Wellington in quanto duca di.
Il capo almeno dice così, si sa ormai lui parla direttamente a noi. Non crede nei corpi intermedi, partiti e sindacati in primis, e vuole scavalcarli. C'è sempre il rischio di analisi o commenti non dogmatici.
Mi viene in realtà da pensare che preferisca vincere invece che rappresentare o meglio che a lui basti la vittoria senza porsi troppi problemi se questa vittoria possa essere frutto di disaffezione, scoramento e noia.
Se uno invece non credesse ancora in maniera cieca e ottusa nella disintermediazione e quindi non si fidasse del tutto di questo ottimismo renziano,  per quel qualcuno provo a fare due conti.
Alle regionali di domenica in Emilia Romagna ha votato il 37,7% degli aventi diritto, ben il 30,4% in meno di quelli che votarono alle regionali del 2010 che furono 68,1%.
Alle elezioni europee di circa sei mesi fa votò il 70% degli aventi diritto.
Il Partito Democratico è passato in quattro anni da 857 mila a 535 mila voti, il 38% in meno.
Dire, come fa Renzi, che il calo dell'affluenza è un dato secondario e che “quelli normali esultano” credo sia quantomeno superficialità nella lettura dei dati, senza tacciare nessuno di arroganza e sbruffoneria.
L'alleanza suggellata dal patto del Nazareno rischia di essere messa a dura prova da questi risultati nel momento in cui FI scende, prendendo il caso Emilia Romagna, all'8,4% e la Lega salviniana della svolta lepenista raggiunge un significativo 19,4%, 233 mila voti.
Le percentuali possono essere ingannevoli mai come in questo caso dal momento che il carroccio il massimo dei voti lo prese alle regionali del 2010 quando furono 288 mila ma con un'affluenza più alta (nello specifico, quattro anni fa fu del 68,1%, e la percentuale fu più bassa).
L'ascesa leghista resta comunque un dato di fatto e il recente passato ne è prova.
Per restare in Emilia Romagna alle politiche del febbraio 2013 la Lega prese solo 69 mila voti (2,6%) e alle europee di maggio prese 116 mila preferenze (5%).
Quindi in sei mesi ha raddoppiato i consensi e rispetto a meno di due anni fa li ha più che triplicati.
Qualcosa va detto sul M5S che nella regione dove tutto è nato, in realtà quella sarebbe la Toscana con la carta di firenze, o quantomeno dove si sono svolte manifestazioni importanti come il VaffaDay e simili ha perso voti.
Non rispetto alle regionali del 2010 ma se guardiamo alle politiche del 2013 (circa 500mila in meno) e alle europee di circa sei mesi fa (300mila preferenze perse).
Grillo ovviamente altro credente del bicchiere mezzo-pieno valuta solo il numero di consiglieri eletti che passa da due del 2010 a cinque questa volta e si ritiene soddisfatto.
Il problema resta, il M5S perde voti e dal suo interno si chiede che si facciano da parte coloro che finora ne hanno dettato la linea, Grillo e Casaleggio in primis.
Credo che non sarà facile che questo accada quando qualcuno crea il proprio passatempo per colmare vuoti di onnipotenza non è facile che prenda atto della sconfitta.
Ce lo dimostra l'altro arzillo 78enne quindi i pentastellati si mettano l'anima in pace.

Certo il calo dell'affluenza è dovuto ad una disaffezione alla politica in generale, senza dubbio a livello locale pesa avere 48 consiglieri su 50 indagati e il presidente condannato in appello, però a mio modestissimo avviso anche a scelte errate o forse come palese risposta a quelle scelte.
Renzi chiude la campagna elettorale di Stefano Bonaccini e tra le tante stilettate che lancia una è rivolta ai sindacati, leggi FIOM, “passano il tempo a inventarsi ragioni per fare scioperi”.
A stretto giro poi interverrà Bonaccini chiarendo che “noi però qui abbiamo un ottimo rapporto con il sindacato”.
Carlo Galli, politologo, prof. all'Università di Bologna e deputato PD, tende a non dare un valore solo regionale al voto Emiliano romagnolo dicendo che “il risultato emiliano ha un valore nazionale perché Renzi è venuto a chiudere la campagna elettorale e a compiacersi dei candidati, ma soprattutto perché le ragioni di questo enorme astensionismo sono di valore nazionale: stiamo assistendo alla secessione di un elettorato di sinistra da un partito di centro”.
Certo stavolta si è votato solo in due regioni, Emilia Romagna e Calabria, però la prossima primavera vedrà il voto in altre sette e se questo trend dovesse ripetersi a mio personale avviso avrebbe di che preoccuparsi un premier non eletto.
Per lui sono tutti inevitabilmente banchi di prova e non sempre si può vedere il bicchiere mezzo pieno.

Giulio Achille Mignini

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