Roman
es mi dios
Azul
y oro mi religion.
Per
parlare di Juan Roman Riquelme bisogna aspettare la notte.
Quando
calano le tenebre è il momento propizio per raccontare le favole.
Raccontare
la storia di un uomo soprannominato El Mudo.
Il
cuore legato a due soli colori l'”azul y oro” del Boca
Juniors anche se calcisticamente nasce nell'Argentinos
Juniors.
È
lo stesso percorso fatto dal più grande calciatore della storia,
passata-presente-futura.
Diego
Armando Maradona, El Pibe de Oro.
Tornando
a Juan Roman è sempre rimasto legato al Boca anche nel
periodo in cui si è misurato con il calcio europeo, Barcellona e
Villareal, dove fece vedere solo lampi isolati del suo immenso dono.
E
a Buenos Aires, sponda Boca ovviamente, è tornato dopo l'esperienza
spagnola per mostrare la via in una terra ancora non contaminata dal
calcio moderno.
La
sua ultima stagione l'ha passata reindossando la casacca
dell'Argentino Juniors, retrocesso in secunda division.
Riportatolo
a fine campionato in Primera aveva compiuto quello che si era
prefissato, ringraziare coloro che lo avevano lanciato nel calcio dei
grandi.
A
questo punto ha deciso di ritirarsi dicendo che non avrebbe potuto in
alcun modo affrontare il Boca da avversario, non avrebbe potuto
profanare la Bombonera entrandoci con un'altra casacca.
Di
lui Jorge Valdano ha detto, “Chiunque, dovendo andare da
un punto A ad un punto B, sceglierebbe un'autostrada a quattro corsie
impiegando due ore. Chiunque tranne Riquelme che ce ne metterebbe sei
utilizzando una tortuosa strada panoramica ma riempiendovi gli occhi
di paesaggi meravigliosi”.
Il
fine ultimo di Riquelme non è, come per tutti gli altri
giocatori, il gol.
Valutare
qualcuno per i gol che segna o solo per i gol che segna è
particolarmente miope come visione del calcio.
Lui
questa visione non la condivide.
Lui
gioca una partita a sè.
Gioca
un calcio tutto suo che trascende le regole tradizionali.
È
fottutamente argentino nell'anima.
Josè
Pekerman, allenatore argentino,
definisce con nobile gusto quello che Riquelme è
e sarà sempre.
“La
gente sa che tipo di calcio gioca l'Argentina perchè c'è Riquelme.
È una vera e propria dichiarazione d'intenti. […] Ho visto
pochissimi giocatori con la stessa capacità di Riquelme di leggere
la partita. Lui è uno di quei giocatori che oramai sono in via
d'estinzione. Il calcio sta producendo giocatori elettrificanti, dei
velocisti, ma sta perdendo il tipo di giocatori che sanno realmente
quello che stanno facendo.
In
realtà devo dissentire con Pekerman su una cosa o per meglio
dire su una parola.
Riquelme
non gioca a calcio, Riquelme
danza su quel tappeto verde come
farebbe un ballerino di tango.
Il
sogno di ogni giocatore è non trovare nessuno sulla propria strada
verso la porta, il semplice.
Riquelme
no lui ha bisogno degli avversari, ha bisogno per compiere la sua
soave danza di incontrare persone nel suo errante viaggio.
Il
tango prevede un'effusione di corpi e gli avversari sono i suoi
momentanei partner con cui inscena la danza.
Il
copione resta sempre il medesimo.
Riquelme
ha il pallone, si presenta un avversario.
Riquelme
ondeggia, scarta di lato, ritorna su suoi passi, si volta.
Nel
frattempo arriva un secondo avversario.
Due
sono troppi per il suo ballo, loro stringono la morsa su di lui ma il
pallone sceglie sempre Juan Roman.
Lui
se ne va stanco di quei partner alla ricerca di qualcun altro a cui
poter lasciare in custodia la sfera di cuoio.
Spesso
non lo trova e quindi si dirige con quel suo caracollare decadente
verso la porta avversaria.
La
rete quasi sempre si gonfia.
Con
il ritiro di Riquelme dal calcio giocato non smette di calcare
i rettangoli verdi solo un grande interprete dell'arte pedatoria,
finisce un'epoca.
L'epoca
dei numeri “10”.
Quelli
puri, quelli veri.
Quelli
senza consegne tattiche, senza dover “tornare indietro” a
“coprire”.
Indietro
a coprire cosa, viene da chiedersi.
Si
chiude un'era in cui l'eleganza e il sublime erano associati a dei
numeri.
I
palloni saranno sicuramente più tristi da ora in poi avendo a che
fare con individui che non daranno loro del “tu” ma si
fermeranno ad un distaccato “voi”.
I
prati non saranno più coccolati da eleganti movimenti ma arati da
flash gordon in pantaloncini corti sprovvisti di eleganza e dotati
solo di strapotere fisico.
E
tutti noi perderemo l'ultimo briciolo di spensieratezza.
L'ultima
ed effimera possibilità di credere ancora alle favole.
Se
in questa dannata terra ci fosse una giustizia Riquelme
giocherebbe ancora cent'anni ma
il tempo passa e le epoche devono succedersi.
Il
problema resta il passaggio di consegne.
Giulio
Achille Mignini.
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