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martedì 31 marzo 2015

L'Ultimo, omaggio a Juan Roman Riquelme.

Boca es mi templo
Roman es mi dios
Azul y oro mi religion.

Per parlare di Juan Roman Riquelme bisogna aspettare la notte.
Quando calano le tenebre è il momento propizio per raccontare le favole.
Raccontare la storia di un uomo soprannominato El Mudo.
Il cuore legato a due soli colori l'”azul y oro” del Boca Juniors anche se calcisticamente nasce nell'Argentinos Juniors.
È lo stesso percorso fatto dal più grande calciatore della storia, passata-presente-futura.
Diego Armando Maradona, El Pibe de Oro.



Tornando a Juan Roman è sempre rimasto legato al Boca anche nel periodo in cui si è misurato con il calcio europeo, Barcellona e Villareal, dove fece vedere solo lampi isolati del suo immenso dono.
E a Buenos Aires, sponda Boca ovviamente, è tornato dopo l'esperienza spagnola per mostrare la via in una terra ancora non contaminata dal calcio moderno.
La sua ultima stagione l'ha passata reindossando la casacca dell'Argentino Juniors, retrocesso in secunda division.
Riportatolo a fine campionato in Primera aveva compiuto quello che si era prefissato, ringraziare coloro che lo avevano lanciato nel calcio dei grandi.
A questo punto ha deciso di ritirarsi dicendo che non avrebbe potuto in alcun modo affrontare il Boca da avversario, non avrebbe potuto profanare la Bombonera entrandoci con un'altra casacca.
Di lui Jorge Valdano ha detto, “Chiunque, dovendo andare da un punto A ad un punto B, sceglierebbe un'autostrada a quattro corsie impiegando due ore. Chiunque tranne Riquelme che ce ne metterebbe sei utilizzando una tortuosa strada panoramica ma riempiendovi gli occhi di paesaggi meravigliosi”.
Il fine ultimo di Riquelme non è, come per tutti gli altri giocatori, il gol.
Valutare qualcuno per i gol che segna o solo per i gol che segna è particolarmente miope come visione del calcio.
Lui questa visione non la condivide.
Lui gioca una partita a sè.
Gioca un calcio tutto suo che trascende le regole tradizionali.
È fottutamente argentino nell'anima.
Josè Pekerman, allenatore argentino, definisce con nobile gusto quello che Riquelme è e sarà sempre.
La gente sa che tipo di calcio gioca l'Argentina perchè c'è Riquelme. È una vera e propria dichiarazione d'intenti. […] Ho visto pochissimi giocatori con la stessa capacità di Riquelme di leggere la partita. Lui è uno di quei giocatori che oramai sono in via d'estinzione. Il calcio sta producendo giocatori elettrificanti, dei velocisti, ma sta perdendo il tipo di giocatori che sanno realmente quello che stanno facendo.
In realtà devo dissentire con Pekerman su una cosa o per meglio dire su una parola.
Riquelme non gioca a calcio, Riquelme danza su quel tappeto verde come farebbe un ballerino di tango.
Il sogno di ogni giocatore è non trovare nessuno sulla propria strada verso la porta, il semplice.
Riquelme no lui ha bisogno degli avversari, ha bisogno per compiere la sua soave danza di incontrare persone nel suo errante viaggio.
Il tango prevede un'effusione di corpi e gli avversari sono i suoi momentanei partner con cui inscena la danza.
Il copione resta sempre il medesimo.
Riquelme ha il pallone, si presenta un avversario.
Riquelme ondeggia, scarta di lato, ritorna su suoi passi, si volta.
Nel frattempo arriva un secondo avversario.
Due sono troppi per il suo ballo, loro stringono la morsa su di lui ma il pallone sceglie sempre Juan Roman.
Lui se ne va stanco di quei partner alla ricerca di qualcun altro a cui poter lasciare in custodia la sfera di cuoio.
Spesso non lo trova e quindi si dirige con quel suo caracollare decadente verso la porta avversaria.
La rete quasi sempre si gonfia.
Con il ritiro di Riquelme dal calcio giocato non smette di calcare i rettangoli verdi solo un grande interprete dell'arte pedatoria, finisce un'epoca.
L'epoca dei numeri “10”.
Quelli puri, quelli veri.
Quelli senza consegne tattiche, senza dover “tornare indietro” a “coprire”.
Indietro a coprire cosa, viene da chiedersi.
Si chiude un'era in cui l'eleganza e il sublime erano associati a dei numeri.
I palloni saranno sicuramente più tristi da ora in poi avendo a che fare con individui che non daranno loro del “tu” ma si fermeranno ad un distaccato “voi”.
I prati non saranno più coccolati da eleganti movimenti ma arati da flash gordon in pantaloncini corti sprovvisti di eleganza e dotati solo di strapotere fisico.
E tutti noi perderemo l'ultimo briciolo di spensieratezza.
L'ultima ed effimera possibilità di credere ancora alle favole.
Se in questa dannata terra ci fosse una giustizia Riquelme giocherebbe ancora cent'anni ma il tempo passa e le epoche devono succedersi.
Il problema resta il passaggio di consegne.


Giulio Achille Mignini.

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