“Referendum
del 5 luglio 2015. Dev’essere accettato il piano di accordo
presentato da Commissione europea, Banca centrale europea e Fondo
monetario internazionale nell’eurogruppo del 25 giugno 2015,
composto da due parti che costituiscono la loro proposta? . NO (OXI)
- SI (NAI)”.
“Abbiamo
dimostrato che la democrazia non può essere ricattata". Parole
Alexis Tsipras dopo il referendum che ha visto i cittadini greci
rifiutare il piano di prestiti e riforme proposta dalla Unione
Europea.
Sull'opportunità
del referendum, così come sulla politica di austerità imposta ai
paesi in debito dall'asse Bruxelles-Berlino, ci sono opinioni molto
contrastanti. Per Tsipras e per la maggior parte della sinistra
europea è una questione di democrazia e libertà di un popolo. Guy
Verhofstadt, leader dell'Alleanza dei Democratici e dei Liberali,
pensa che sia solo irresponsabilità. E non è il solo.
Facendo
un passo indietro, che spesso serve per farne almeno mezzo (giusto)
in avanti, si dovrebbe riflettere sul tema del referendum. La materia
economica statale non è solitamente soggetta a consultazione
popolare, proprio perché “il popolo” non ha sufficienti nozioni
di economia e di capitale per poter davvero capire che cosa sia
meglio per il proprio Stato. Nemmeno gli esperti però hanno le idee
chiare: si sentono tantissimi economisti premiati e patinati che
dicono l'uno il contrario dell'altro, Premi Nobel e grandi accademici
che si contraddicono senza appello.
Credo
che la grande maggioranza di noi europei non sia in grado di capire
fino in fondo la situazione greca e di proporre o sostenere una
“soluzione”. Credo che, come sempre, non esista UNA soluzione al
problema ma esistono punti di vista e previsioni. Per
questo credo che quando la soluzione “tecnica” non è chiara, è
giusto che si passi alla soluzione politica: lasciare che le riforme
delle quali subiamo le conseguenze vengano scelte da leaders non
da noi eletti non è giusto.
L'economia
è una forma molto potente di fare politica, ed è giusto che la
sovranità su questa nuova chimera torni nelle nostre mani. Il
Referendum greco dovrebbe aprire la strada ad una nuova stagione
POLITICA in Europa: da troppo si ascolta Frau Merkel
pontificare sulle economie altrui.
Fin
qui tutto bello.
Poi
c'è stato il coupe de teatre: Varoufakis, il battagliero
ministro delle finanze anti-austerity saluta il governo e Tsipras
propone all'eurogruppo un piano del tutto simile a quello che aveva
rifiutato il popolo greco col referendum. In queste ore il piano è
al vaglio dei ministri dell'economia europei, mentre il parlamento
ellenico ha già approvato che la “proposta Tsipras” sia la base
dei negoziati a venire.
Per
quelli come me che speravano nel referendum per intavolare una lotta
europea dal basso contro l'austerity e le imposizioni
dell'ex-Troika la mossa a sorpresa di Tsipras è stata un duro colpo.
Grazie
alla forzatura del referendum adesso la Grecia sta negoziando un
prestito sul medio periodo (si parla di 3 anni e non di pochi mesi) e
Tsipras è passato da essere il folle che voleva dare vita al Grexit
al Premier responsabile che accetta il dialogo con l'Europa.
Al
di là delle mosse e dei risultati politici che Alexis Tsipras
otterrà, resta il fatto che è stato il popolo a rifiutare l'accordo
con l'Europa, e che in caso di misure così drastiche (come quelle
introdotte dalla legge Fornero, per capirsi) dovrebbero sempre essere
i cittadini ad esprimersi. Oggi lo strumento è stato il referendum,
sarebbe opportuno invece che fossero le elezioni.
La
politica economica europea non ci può essere dettata dall'alto:
l'Europa deve cambiare per non sgretolarsi. Anche qui, è una
questione politica, più che economica.
Andrea Pecoraro
Andrea Pecoraro
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